La fiaba La Regina delle Nevi, espressione dell’apice della creatività di Hans Christian Andersen, fu scritta in pochi giorni, ma è uno dei suoi racconti più lunghi, più profondi e più complessi.
L’autrice interpreta la fiaba come espressione metaforica dell’uso e dell’abuso di sostanze: la Regina rappresenta la droga che seduce, ammalia e rapisce, mentre i due piccoli protagonisti – Kay e Gerda – raffigurano differenti aspetti della psiche del tossicodipendente. Potenti e alquanto significative immagini – lo specchio che deforma, che scinde e che si infrange – esplicitano le problematiche della tossicodipendenza e delle psicopatologie ad essa collegate: depressione, disturbi di personalità borderline e quelli narcisistici.
Ma il nucleo centrale della fiaba, e quindi delle dinamiche psichiche qui indagate, è rintracciato nel rapporto dell’uomo con la dimensione trascendente. Il bisogno di entrare in contatto con lo spirituale e il divino, comune a tutti gli uomini, viene soddisfatto dal tossicodipendente attraverso la facile e illusoria scorciatoia della sostanza. La fiaba rende pertanto evidente quanto sia difficile compiere scelte verso l’autonomia e la vita creativa e significativamente umana, condizioni indispensabili per potersi confrontare con la ricchezza della dimensione spirituale e per tradurla in atti di vita quotidiana.