Pensa che si muore e che prima di morire tutti hanno diritto a un attimo di bene. Ascolta con clemenza. Guarda con ammirazione le volpi, le poiane, il vento, il grano. Impara a chinarti su un mendicante, coltiva il tuo rigore e lotta fino a rimanere senza fiato. Non limitarti a galleggiare, scendi verso il fondo anche a rischio di annegare. Sorridi di questa umanità che si aggroviglia su se stessa. Cedi la strada agli alberi.
Franco Arminio
Quale differenza c’è tra il pensare alla morte come a un fatto ineluttabile, che prima o poi capiterà a ciascuno di noi, e saperla in cammino per raggiungerci – più o meno velocemente – dopo una diagnosi che l’ha annunciata? Dalle testimonianze, che sono il cuore pulsante di questo libro, delle persone che, in vario modo, si sono accostate nella loro vita alla morte o che hanno dovuto fare i conti con la propria, emerge il territorio ai confini ultimi dell’esistenza e le sue connessioni con i percorsi di vita compiuti. Si narra qui di cure palliative, di morte naturale, di suicidio, quello tentato e quello assistito. Si ascolta la voce di una madre che ha perso un figlio. Ci si interroga sulla malattia e sulle scelte che essa talvolta comporta. Si racconta di vite mancate e di vite compiute, di risate e di felicità, possibili sul limitare dei giorni. E di amore. Di arte, anche, come mezzo utile per esorcizzare l’angoscia del morire e per indagare il mistero del trapasso. Si narra di morte, ma ancor di più si narra di vita; si familiarizza con la morte per allentare l’inquietudine che il suo pensiero suscita e per capire che non si tratta affatto del lato opposto della vita, ma della sua parte integrante. Per scoprire che, pur continuando ad averne timore, accogliere l’idea della morte rende migliore la propria esistenza.