In molti paesi della cosiddetta cultura occidentale avanzata, si continuano a registrare violenze in famiglia: le umiliazioni, il ricatto economico, l’abuso sessuale, il plagio, le percosse, addirittura l’omicidio. L’antica sopraffazione maschile sulla donna non scompare con l’avanzare del progresso, è divenuta solo più subdola e multiforme, in un malefico miscuglio di sesso, amore, dipendenza, colpa e potere. La famiglia è luogo costante di traumi e micro-traumi, perpetrati per lo più dagli uomini.
Il volume raccoglie una serie di contributi intenti a rievocare e illustrare il percorso e i motivi culturali, sociali e politici che hanno portato alla nascita dei Centri antiviolenza attraverso le testimonianze di chi, in Italia, ha contribuito alla nascita di questi Centri e di chi vi ha lavorato o tuttora vi lavora.
Uno spazio rilevante è dedicato dagli autori alle riflessioni sul costo sociale e psicologico, non solo per le donne, ma per l’intera società, della violenza di genere. Questo fenomeno trascende i tempi storici e le condizioni socio-culturali, si esprime quotidianamente nell’ambito di tante mura domestiche, e ha come vittime non solo le donne ma anche i bambini, con conseguenze devastanti per tutti in quanto la violenza si trasmette e si apprende.
Considerazioni sulle relazioni di genere concludono il volume lasciando il lettore di fronte all’interrogativo con – per ora – poche riposte: perché tanti uomini di diversa età, istruzione, estrazione sociale praticano l’esercizio della violenza contro le donne?