La maggior parte degli psicoanalisti narra, nei propri scritti, le storie di alcuni pazienti. Ma non si conosce nessun analista che abbia avuto la sfrontatezza, o piuttosto l’audacia, di pubblicare il diario della propria analisi. Claude Lorin l’ha fatto. Questo diario è il racconto, parola per parola, del percorso che l’ha condotto a divenire psicoanalista. Racconto sollecitato e incoraggiato soprattutto dalle domande dei suoi studenti. Come si svolge un’analisi? Si può dire tutto? Che cosa ci si può aspettare dalla psicoanalisi? Claude Lorin racconta se stesso e lo fa senza scrupoli di logica. Con le sue risate, le sue tristezze, i suoi segreti e speranze, i desideri rimossi, tutte le idee, più strane e nascoste, che è riuscito a strappare dalla sua anima. Scopriamo così che in analisi, più che in ogni altro ambito di conoscenza umana, sapere è respingere l’oblio. L’oblio di sé, l’oblio degli altri e di quegli altri che si credeva di essere. E assistiamo, pagina dopo pagina o, meglio, seduta dopo seduta, al venir meno dell’aura sacra intorno all’immagine, piuttosto diffusa, dello psicoanalista quale essere inumano, incarnazione caricaturale di un soggetto neutro, senza problemi, senza sofferenza e persino senza sentimenti. Consacrazione, quasi religiosa, di cui gli analisti, ancora oggi, sono oggetto.