Stupefacente il cervo, capace di stare nell’ineffabile aldilà con l’austera disinvoltura con cui sta nell’aldiquà umano, come se possedesse una doppia natura in grado di comunicare con il mondo dell’uomo con il linguaggio della coscienza e, contemporaneamente, con l’altro mondo, quello che non è mai stato conscio.
Questa narrazione è un continuo andare alle origini. Ci si volge indietro verso tempi passati non per cercare un’introvabile spiegazione e poter dire, alla fine, «il cervo rappresenta questo o quello», ma per immergerci nel tessuto immaginale molto complesso di questa immagine-simbolo.
Non mancheranno in questo libro nozioni di zoologia ed etologia, ma il campo d’indagine principale è la valenza simbolica di questo animale. Fin dall’inizio della sua ricerca, l’autore si accorge che non è lui a «spiegare» la simbologia del cervo, ma è il cervo a parlare, a suggerire chi è e cosa vuole. E vedremo come – nelle leggende, nei miti, nei sogni – è sempre il cervo che si fa avanti e ci contatta, ci interpella, ci ferma, ci guida o fugge da noi, portando chi lo insegue in luoghi sconosciuti.
Il cervo fa da ponte tra il mondo terreno e quello spirituale, incarna il regno simbolico dell’anima, vi ci conduce.
Afflitto addirittura, e suo malgrado, da eccedenza simbolica, il cervo è l’animale delle origini, dell’inizio, del limite fra essere e non essere e nel contempo simboleggia una delle funzioni superiori della psiche: quella della trascendenza, dell’unione tra conscio e inconscio, requisito imprescindibile per ogni trasformazione della personalità e per ogni progressione della coscienza.